Vietnam – Da Ho Chi Minh a Nha Trang

Mercato del pesce

Mi sono fermata qualche giorno a Ho Chi Minh. Sono pure riuscita a fare il bucato. Quando si viaggia con uno zainetto (bagaglio a mano)… arriva il momento in cui ci si deve imporre uno stop per lavare un po’ tutto. Ho fatto le cose con un attimo di calma. Passeggiate, visite a Palazzi, Pagode (suggestiva quella dell’Imperatore di Giada), grandi mangiate.

Chi mi conosce sa che, per me, viaggiare è imprescindibile dall’assaggiare sempre tutto. Mangio con la gente del posto, accetto qualsiasi piatto mi venga proposto, adoro i mercati, il cibo di strada o mangiare a casa delle persone del posto.
Il Vietnam è davvero un luogo in cui il mangiare sembra essersi aggiudicato un posto fondamentale nella vita della gente. Non si mangia per sopravvivere. Si mangia con gusto. Con varietà. Sempre con prodotti freschi, dipendentemente dal luogo in cui ci si trova.
Ma, dal punto di vista culinario, Ho Chi Minh resterà indelebile nella mia mente per il caffè. Il caffè più buono mai assaggiato in vita mia. Sono entrata in una sorta di baretto, defilato, in una stradina secondaria. Faceva solo caffè. Macinato al momento. Ed eccolo… il famoso ca phe chon, o caffè delle donnole. I chicchi di questo caffè vengono fatti mangiare alle donnole e poi recuperati dalle loro feci e venduti al pubblico. Non è un caffè di c…cca, ma ha un aroma intenso, profumato, un sapore vellutato, di quelli che non si perdono in pochi istanti ma che permane in bocca per molto tempo. Assolutamente imperdibile!

Ho raggiunto Mui Ne, come sempre qui in Vietnam, con uno sleeping bus. Comodossimo. Non serve portar da mangiare, ci sono le solite fermate per far pipì e acquistare cibo. Durante questo tragitto ho trovato, in una bancarellina, delle “tortine” croccanti di riso condite con salsa di pesce, prezzemolo e peperoncino, davvero squisite!
Quando sono arrivata a Mui Ne, il tempo di scendere dal bus e mi ha raggiunta un monsone esagerato che, in 10 minuti, ha allagato tutte le strade. E la sottoscritta. Evviva le mie magliette profumate, appena lavate a Ho Chi Minh. Ma nulla mi ferma e, dall’ostello, ho raggiunto il centro a piedi. Una bella passeggiata, con il mare sulla destra, peccato fossi praticamente sulla strada a camminare ma è stato simpatico fermarsi con le persone, sulle loro porte di casa, che mi chiedevano da dove venissi. Italy. Se interagisco con uomini basta questa parola per scatenare interi elenchi di calciatori, squadre, risultati di partite. Francesco Totti, Gigi Buffon, Mario Balotelli o Alessandro del Piero. Ok, una pacca sulla spalla, amici!
A Mui Ne ho conosciuto un ragazzo che noleggia biciclette, il cui fratello ha una jeep e mi ha proposto, per la mattina successiva, di andare a fare un giro nei dintorni. E così sono partita alle 4.00 della mattina successiva per fare dei giri troppo belli tra dune di sabbia prima bianchissime e poi rosso fuoco. Essendo domenica, c’erano anche molti locali: famiglie che, ridendo come matti, su copertoni di camion, si buttavano giù dalle dune mille volte, tra foto di parenti e amici.

E poi il mercato in spiaggia: un delirio totale. Gente con cestoni di pesce su e giù dalle barche, donne addette allo “smistaggio” di pesce che veniva suddiviso in vari sacchetti di plastica, ragazzi che facevano la spola dal paese alla spiaggia caricando i propri scooter fino all’inverosimile. E mosche, Tante, tantissime mosche. Ovunque qui, per proteggere carne e pesce in esposizione sulle bancarelle, le persone continuano ad agitare bastoncini alla cui estremità viene legato un pezzo di sacchetto; sventolando i bastoncini, si tengono lontane le mosche. Non oso pensare alla stanchezza del braccio delle persone entro sera. Ma questa è una tecnica utilizzata un po’ ovunque nei paesi visitati dalla sottoscritta in questi anni.
Una considerazione. I russi qui hanno comprato moltissimo. Hanno costruito residences, ville, hotel con campi da golf. Fuori dai quali, però, il tenore di vita è bassissimo. Strade distrutte, spiagge sporche e lasciate a se stesse, caos e disordine imperante pur nella costante solarità generale della gente. Turisti, per le strade, se ne vedono pochissimi. Sono chiusi all’interno dei loro mondi perfetti, puliti e ordinati, godendo di praticelli all’inglese e piscine di lusso. Ma fuori… fuori è davvero un altro mondo.
Io ho trascorso del tempo anche con la famiglia proprietaria dell’ostello in cui ho dormito. Troppo carini, mi hanno anche offerto tè verde e ottimi dragon fruit ogni qual volta mi incontravano.

Giunta, poi, a Phan Rang, ho avuto un attimo di panico.
Ma dove sono finita??? In una città fantasma???
Scesa dall’autobus, con il mio zainetto, mi sono ritrovata in mezzo a decine di occhi che mi osservavano ma che, se provavo ad avvicinare, scappavano da me.
No English! No English!
E io, che nemmeno capivo dove fossi (in centro? in periferia?), ho camminato ore sotto una cappa di afa allucinante alla ricerca di un ostello.
Un signore, poi, ha preso coraggio: ha estratto dalla tasca il proprio telefonino, mi ha scattato una foto… e da quel momento, ad ogni mio passo, mi trovavo persone che mi fotografavano, chi un po’ di nascosto, chi in maniera direi abbastanza spudorata.
Stremata, per fortuna in Vietnam esiste la bia hoi, birretta alla spina a prezzi ridicoli, che mi ha dato la ricarica giusta.
Quando ho trovato l’ostello, ovviamente, nessuno parlava inglese. E’ stato divertente ricevere informazioni guardando il traduttore di Google dal portatile della reception! Ma è anche stato una manna dal cielo, perché hanno capito che cercavo qualcuno che mi noleggiasse un motorino, così hanno chiamato un amico che mi ha portato il proprio (chiedendomi 2 dollari al giorno).
Ho percorso parecchi chilometri, ho raggiunto due torri bellissime, una più vicina al paese (dove non riuscivo ad andare via perché due pullman di vietnamiti si son voluti fare millemila foto con me), una più lontana, con strada sterrata nell’ultima parte, isolata e che mi è stata aperta da una sorta di custode che abita sotto alla torre con la famiglia (e che, per la cronaca, stava pranzando seduta a terra con le galline che beccavano dentro alle pentole da dove anche loro si servivano). La torre è bellissima, vale la pena arrivare fino a qui.

Poi la grande idea: visto che ho il motorino, perchè non andare a vedere dove si trova la stazione degli autobus per quando deciderò di ripartire? No, non chiedetemi quanto ci abbia messo a capire dove fosse.
No bus! No English! La fuga… e  la scenetta iniziale si ripete ancora, e ancora, e ancora…
A Nha Trang la situazione è cambiata nuovamente in maniera drastica.
Mare. Sole. Profumo di creme abbronzanti. Cappelli, parei, infradito.
Sono stata a Nha Trang qualche giorno, ho passeggiato tanto, con una barchina sono andata a fare snorkeling lungo una splendida barriera corallina, mi sono godutia un po’ di spiaggia (molto grande, pubblica, pulita).

Vietnam 03 - da Ho Chi Minh a Nha Trang

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2 risposte

  1. Michele ha detto:

    complimenti, è un paicere leggerti

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